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LA BUSSOLA ADULTA E LA ROTTA EMOTIVA

Orientarsi nell’inter-connessione

della dott.ssa Donatella Tomassi
Psicologa Psicoterapeuta AIED L’Aquila

foto: D. Tomassi

Nulla è durevole quanto il cambiamento.
Non c’è nulla di immutabile, tranne l’esigenza di cambiare.
Tutto fluisce, nulla resta immutato.
Eraclito

Panta rei. L’eterno divenire della realtà, che costantemente si trasforma e si rinnova. Una visione dinamica dell’esistenza, che ci dice che non puoi entrare due volte nello stesso fiume, perché l’acqua che ti ha bagnato la prima volta è già andata via seguendo la corrente. Questa espressione, che in adolescenza ha destato in me una grande fascinazione, la visione di un movimento costante che forse ben si accordava al mio movimento interiore, non appare più così gratificante in età adulta.

Genitori, educatori, insegnanti, opinionisti, politici… un mondo adulto che si sente travolto dalla corrente, in balia delle onde, in cerca di un fermo immagine che possa ridare stabilità in questa costante trasformazione, così veloce, così confusa, che spesso rende difficile trovare un terreno di comunicazione con figli, studenti o in generale con “i giovani”. Sebbene ogni epoca senta il peso del divario generazionale, un aspetto che invece sembra peculiare della modernità è il numero crescente di ragazzi e ragazze che arriva a escludere completamente gli adulti dalla propria vita. Per usare le parole di Siegel (2013) “nel mondo di oggi, i sottili fili che univano le generazioni sono sempre più messi a dura prova, e a volte vengono spezzati, con conseguenze negative quali solitudine e isolamento.”

Già a partire da questa breve introduzione, nella mente del lettore si sta delineando l’immagine del colpevole di questo caos, il responsabile dell’incremento del disagio psicologico tra i giovani, l’aguzzino nei confronti del quale tutti viviamo una perenne sindrome di Stoccolma. Ovviamente sto parlando di internet. È innegabile che, nella post-modernità, internet sia il catalizzatore delle nostre passioni più estreme: viene idolatrato o demonizzato, è il nostro aguzzino e il nostro salvatore, è chi ci tiene in contatto con il mondo e ci impedisce di parlare con la persona che ci sta accanto.

Ma queste sono considerazioni da “boomer” o al massimo da “generazione X”. Per i nativi digitali o, meglio ancora, per la “generazione alpha”, internet, i social e l’interconnessione sono semplicemente un dato di fatto. Lo smartphone è un’estensione della loro identità. Nonostante ciò, i genitori e in generale gli adulti che popolano il loro mondo appartengono alle generazioni che definiscono tutto questo le “nuove tecnologie”. Già in questo si crea un gap importante, perché spesso il nostro innato bisogno di ancorarci a ciò che conosciamo, e che risulta per noi familiare e rassicurante, ci porta ad avere resistenze di fronte a quello che percepiamo come nuovo. In psicologia, questo meccanismo viene definito “bias dello status quo”; i bias sono degli errori di ragionamento, dei pregiudizi che ci guidano nel processo di valutazione e decisione e che ci portano a considerare la nostra posizione attuale come quella preferibile e a vedere ogni cambiamento come una potenziale perdita.

Quindi, se trasliamo questa considerazione sui social, va bene che i bambini e i ragazzi utilizzino internet per fare delle ricerche, accettiamo che vengano utilizzati i videogiochi online e i genitori o insegnanti più giovani tollerano Facebook, Instagram e WhatsApp, perché ormai fanno parte della nostra quotidianità, ma difficilmente andiamo oltre e siamo tendenzialmente inconsapevoli di ciò che realmente i ragazzi fanno su internet. Semplicemente, ci fermiamo all’uso che ne facciamo noi e, vedendo la competenza e la facilità con cui i bambini, fin dai primi mesi di vita utilizzano tali strumenti, tendiamo a dimenticare o sottovalutare i rischi a cui i minori vengono esposti quando navigano.

Dimentichiamo che, proprio come nella navigazione, per muoversi in sicurezza c’è bisogno di conoscere le rotte, di avere punti di riferimento che indichino la direzione che si sta seguendo, di avere le competenze che consentono di gestire il maltempo o una tempesta e contatti di emergenza se si incappa in pericoli imprevisti, perché la navigazione è lo strumento che ha consentito a Cristoforo Colombo di scoprire l’America e che ha portato all’inabissamento del Titanic, nonostante il capitano fosse un esperto.

Da genitori ed educatori dobbiamo chiederci se la capacità di bambini e adolescenti di utilizzare lo smartphone corrisponda a una reale competenza nel selezionare e discernere i contenuti con cui si confrontano e fronteggiare le insidie che possono incontrare nel corso della loro esplorazione, tenendo conto delle competenze cognitive, emotive e relazionali che caratterizzano quella specifica fase di sviluppo.

Dareste a un bambino di 7 anni la possibilità di scegliere tra pranzare con gelato, patatine e coca cola o petto di pollo e insalata? Proporreste a vostro figlio sedicenne di scegliere tra trascorrere il pomeriggio studiando oppure uscire con i suoi amici senza restrizioni su dove andare, cosa fare e a che ora tornare? Se la risposta è no, è perché siete consapevoli di quelle che sono le caratteristiche della fase evolutiva che stanno vivendo i vostri figli e siete consapevoli del vostro ruolo, per cui non vi aspettate che, nel prendere una decisione, essi tengano conto dei pro e contro, delle possibili conseguenze a lungo termine di un certo stile di vita, dei vantaggi di un’alimentazione sana o di uno studio costante. Siete ben consci che caratteristiche dell’infanzia e dell’adolescenza sono la ricerca della gratificazione immediata e la scarsa capacità di valutare a priori le conseguenze del proprio comportamento.

Alla luce di queste consapevolezze, non pretendete da loro un comportamento responsabile che semplicemente ancora non possono attuare, ma quotidianamente vi impegnate dando limiti, regole, supporto e vicinanza emotiva affinché gradualmente i vostri figli possano acquisire le competenze che un domani gli consentiranno di essere autonomi e prendersi cura di sé stessi. È un processo lungo e complesso, che si porta avanti mediamente nei nostri primi vent’anni di vita, ma che da sempre contraddistingue l’esercizio della genitorialità.

Se parliamo di internet, purtroppo, non sempre queste regole sembrano valere e a volte ci aspettiamo che, nel navigare in questo oceano sconfinato che è la rete, l’abilità che i ragazzi mostrano nello scaricare un’app, fare un video e salvarlo nel cloud e mostrarci funzioni di cui noi non conoscevamo l’esistenza si traduca in pensiero critico e capacità di discernimento. I dati e le ricerche, nonché i fatti di cronaca che quotidianamente salgono alla ribalta delle testate giornalistiche, ci dimostrano che non è così.

Uno degli aspetti legati al tema minori e internet che recentemente mi ha più fatto riflettere riguarda i dati provenienti dal Centro Nazionale per il Contrasto alla Pedopornografia Online del servizio di Polizia Postale in collaborazione con Save the Children, che evidenziano come nel 2021 ci siano state ben 531 vittime di adescamento. Di queste, 32 di età compresa tra i 0 e i 9 anni, 306 di età compresa tra i 10 e i 13 anni, 193 di età compresa tra i 14 e i 16 anni. Con la pandemia si è registrato un incremento della pedopornografia del 47%. Sono numeri che fanno riflettere, soprattutto considerando che se questi sono i dati ufficiali, i numeri reali saranno significativamente più ingenti.

In base ai dati forniti dall’indagine EU Kids Online 2017, è stato riscontrato che il 27% dei ragazzi di 9-17 anni è in contatto su Internet con persone che non ha mai incontrato faccia a faccia. Il 9% dei ragazzi intervistati ha affermato di aver incontrato di persona qualcuno conosciuto su Internet e a fare questo sono soprattutto gli adolescenti di 15-17 anni (19%).

Sebbene questo possa essere un dato allarmante, quello che ritengo debba destare maggiore attenzione è il dato per cui si è visto che solo il 17% dei ragazzi intervistati afferma di parlare spesso o molto spesso con i genitori di cose che lo hanno infastidito o turbato. Ritengo che questo sia un dato rilevante perché ci aiuta ad accedere al vissuto di bambini e ragazzi che, nel corso della loro esperienza online, si trovano ad affrontare in solitudine delle situazioni complesse, in grado di suscitare emozioni intense, esperienze in cui possono essersi imbattuti perché hanno violato una regola, perché forse spinti dalla curiosità hanno ricercato attivamente materiale sessuale o perché hanno sottovalutato un pericolo. Possono quindi sentirsi in colpa, provare vergogna, avere paura di deludere o di perdere la fiducia del genitore, timore di essere puniti.

Anche i figli dei genitori più attenti e consapevoli possono incappare in una trappola. Rispetto all’adescamento online, ad esempio, dobbiamo ricordare che gli adescatori sanno esattamente come muoversi, quale linguaggio utilizzare, su quali emozioni far leva per raggiungere i loro propositi. Sono manipolatori professionisti. Si tratta di un paziente lavoro di costruzione della fiducia, di un rapporto esclusivo all’interno del quale un bambino (ad esempio contattato tramite la messaggistica istantanea di un gioco online) o un adolescente contattato sui social si sentono speciali, importanti, valorizzati e riconosciuti.

Non a caso, il termine inglese utilizzato per indicare l’adescamento online è grooming, ossia ciò che una persona fa per apparire pulita e curata, per esempio spazzolarsi i capelli, oppure ciò che si fa per mantenere fulvo il pelo di un animale. È un atto di cura, una “carezza”. Gli adescatori online hanno a disposizione migliaia di possibilità; partecipando ai giochi online, esplorando i contenuti pubblicati, riescono abilmente ad individuare i soggetti più vulnerabili, le ferite dell’anima in cui inserirsi e i bisogni più profondi della futura vittima.

Ed è lì che, fingendosi coetanei o trovando altri escamotage, creano un primo contatto. A questo punto si mostrano interessati ai vissuti emotivi del bambino o dell’adolescente, dei suoi problemi, sono ascoltatori pazienti in grado di creare un legame di amicizia che si basa sulla fiducia, con lo scopo di allontanare la persona dai genitori o da figure adulte significative. È a questo punto che inizia la sessualizzazione della relazione, con la comparsa di discorsi sulla sessualità o lo scambio di immagini pornografiche, con l’obiettivo finale di coinvolgere il bambino in attività sessuali ma giocando sempre sulla relazione in modo da assicurarsi che il minore non racconti ciò che sta accadendo, cercando ad esempio di normalizzare scambi di questo genere.

I bambini avvertono il disagio, ma a questo punto sono già in trappola, perché non vogliono tradire la fiducia del loro amico e temono le reazioni dei genitori se dovessero parlarne. È una trappola emotiva, che genera un abuso anche laddove non si arrivasse all’abuso sessuale. Quando e se arriva il momento in cui l’adescatore getta la maschera, le conseguenze emotive sono devastanti: l’umiliazione, il senso di colpa, il terrore che i genitori possano scoprire ciò che è accaduto crea una barriera con l’esterno e ha importanti ripercussioni sul concetto di sé e sulle relazioni.

Parlare di adescamento online è funzionale a riflettere su cosa, come genitori e in generale come adulti, possiamo fare per aiutare i giovani a muoversi in questo nuovo mondo. Da un lato, dobbiamo ricordare che la mediazione parentale costituisce un fattore protettivo di fronte ai rischi di internet; è necessario per i genitori conoscere le piattaforme utilizzate dai ragazzi, parlare con loro dei contenuti, condividere le esperienze di navigazione e, allo stesso tempo, definire regole e limiti chiari che possano rendere l’esperienza il più possibile sicura.

D’altro canto, non possiamo cullarci nell’illusione del controllo e dobbiamo accettare che non sarà possibile, proprio come accade nella vita reale, impedire con assoluta certezza che i ragazzi incappino in esperienze pericolose o dannose. Ed è qui che l’unica strategia funzionale diventa creare un ambiente familiare in cui i nostri figli sappiano che possono deluderci, che sbagliare è possibile, che noi siamo la base sicura a cui poter tornare se nel corso dell’esplorazione accade qualcosa che trascende le loro capacità di fronteggiamento.

Mantenere un dialogo aperto anche su temi scomodi è essenziale, perché un bambino o un adolescente non potranno mai condividere con noi il turbamento provato di fronte a un’immagine sessuale o a un contatto che ha violato la propria intimità se la sessualità è un argomento tabù in famiglia.

Essere genitori consapevoli nella post-modernità significa proprio riconoscere la costanza della trasformazione, ricordandosi però che, se anche tutto scorre e non è in nostro potere arrestare questo moto continuo, possiamo essere la bussola che orienta nel corso della navigazione.

Bibliografia

Siegel D. (2013). La mente adolescente. Cortina Raffaello, Milano.

Sitografia
www.miur.gov.it – “Accesso, usi, rischi e opportunità di internet per i ragazzi italiani. I primi risultati di EU Kids Online 2017”

https://www.commissariatodips.it/dossier-dati_def.pdf – “L’abuso sessuale online in danno di minori”

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