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GENITORI ALLE PRESE CON FIGLIE E FIGLI DIGITALI

Rischi e risorse del virtuale in età evolutiva

Dott.ssa Clementina Cordero di Montezemolo, Dott.ssa Carla Corsi, Dott.ssa Mariavittoria Di Febbo, Dott.ssa Selene Mancinelli, Dott.ssa Francesca Spacca, Dott.ssa Flaminia Vacchini.

Foto di Julia M Cameron da Pexels
Foto di Julia M Cameron da Pexels

Molto spesso i genitori, specialmente quelli nati nell’“era analogica”, sono disorientati dalla presenza pervasiva del virtuale nella vita delle loro figlie e dei loro figli e dalla complessa gestione dei dispositivi digitali che esso comporta. Così finiscono per demonizzare un mondo che non conoscono pienamente o per lasciare i figli soli nel “virtuale”.
Proprio l’esperienza del lockdown ci ha mostrato, invece, che i dispositivi digitali possono diventare un modo per recuperare la socialità. Pensiamo a quanto è stato importante per i bambini costretti in casa ritrovarsi on-line con le compagne e i compagni per giocare tutti insieme contemporaneamente a un videogioco collegati dalle rispettive postazioni, e come la realtà virtuale sia divenuta così per loro una preziosa risorsa, una modalità di interazione che ha contrastato l’isolamento sociale.
Pensiamo sia importante che i genitori “analogici” conoscano la nuova cultura digitale che tanto appassiona i loro figli: non si può infatti chiedere ai giovanissimi di non usare i dispositivi digitali senza prima comprenderne l’uso che ne fanno.
Vogliamo quindi proporre alcune riflessioni sui rischi ma anche sulle risorse dell’uso della realtà virtuale in età evolutiva. Con riferimento alle diverse fasi dello sviluppo (prima infanzia, età scolare e adolescenza) considereremo il tipo di uso che ne viene fatto e la funzione che esso può assumere, per scoprire come i genitori possano accompagnare al meglio le proprie figlie e i propri figli nel mondo virtuale.

Prima infanzia: da 0 a 5 anni.
Nelle prime fasi di vita i cambiamenti della bambina e del bambino si susseguono a un ritmo serrato: in particolare nel primo anno la crescita è esponenziale, per cui si possono rintracciare enormi differenze anche solo da un mese all’altro. La mente è ancora immatura e le aree del cervello possono crescere e potenziarsi o, viceversa, irrigidirsi in relazione al tipo di stimoli proposti dall’ambiente.
Sebbene la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità suggerisca di non esporre i bambini agli schermi prima dei 18 mesi, non è raro che bimbi di pochi mesi vengano messi davanti a tablet o cellulari mentre i genitori sono impegnati.
Gli schermi come “baby sitter” vengono introdotti spesso troppo precocemente: oggi il tempo dell’attesa, il silenzio, la mancanza, sono esperienze poco tollerabili per cui può capitare che il genitore preferisca accendere uno schermo per non far sentire solo il proprio figlio. Questa attitudine può però privare bambine e bambini di esperienze fondamentali per il loro sviluppo, come la possibilità di scoprire il corpo (guardando e toccando le sue mani, i piedi…) o di esplorare con lo sguardo il mondo intorno a loro, udendo magari solo la voce della mamma o del papà in sottofondo.
Spesso invece bambine e bambini anche neonati vengono abituati alla presenza stabile, nel proprio campo visivo ed esplorativo, di schermi accesi o di fotocamere pronte a immortalare ogni loro conquista evolutiva, ma che a volte disturbano la spontaneità dell’interazione con l’altro.
Questa esposizione precoce facilita la possibilità che bambini e bambine, divenendo più grandicelli e autonomi, richiedano loro stessi i dispositivi digitali per vedere i cartoni preferiti. Di fronte a tali insistenze può essere difficile per l’adulto porre un limite e spesso si cede, sostenendo però una dinamica di pretesa-attesa che si auto alimenta.
La presenza degli schermi nella vita dei bambini appartiene anche alle generazioni passate ma oggi, con l’avvento delle Smart-TV e l’incremento esponenziale del virtuale nelle nostre vite, ci sono importanti differenze. In passato i programmi televisivi erano trasmessi solo a un certo orario e per vedere il seguito della puntata bisognava aspettare l’indomani contattando così fin da piccoli quella dimensione di sana frustrazione e di limite che permette al pensiero di emergere e svilupparsi. Il tempo dell’attesa, così importante per la crescita, era in tal modo sostenuto spontaneamente.
Oggi il cambiamento strutturale della società ha comportato una tendenza al “tutto e subito”: le piattaforme che offrono video per bambini li riproducono infatti in automatico, senza neanche il bisogno di avere una conferma da parte dell’utente.
Il bambino e la bambina, però, non sono in grado di darsi limiti di tempo e quindi all’adulto è richiesta un’attenzione maggiore per definirli. Nel decidere di proporre lo schermo ai bambini così piccoli è quindi sempre necessaria la presenza dell’adulto: la condivisione del video con il genitore può infatti divenire anche un momento di crescita e di gioco. Con la sua presenza e con dei semplici commenti alle scene del filmato che il bambino sta vedendo il genitore può, infatti, enfatizzare l’emozione sottostante per far sì che venga meglio compresa o, al contrario, mitigare il contenuto di una scena affettivamente troppo carica. La presenza dell’adulto riduce quindi il rischio di passivizzazione a cui lo schermo può indurre la bambina o il bambino, e favorire uno scambio emotivo all’interno della relazione.

Età scolare: dai 6 ai 10 anni.
Il tempo che va dalla prima infanzia alla pubertà è un periodo di grande evoluzione nella crescita di una bambina e di un bambino. Le modalità spesso poco organizzate tipiche dei primi anni di vita sono infatti abbandonate in favore di altre “socialmente” condivise e questo passaggio di crescita è favorito dall’inserimento alla scuola elementare, che sostiene la naturale tendenza del bambino a incanalare le proprie energie psichiche nello studio o nella scoperta di nuovi interessi (attività sportive ma anche intellettive come la lettura, il collezionismo, ecc…).
I bambini e le bambine, inoltre, acquisiscono più autonomie: possono lavarsi e vestirsi da soli, imparare a cucinare una pietanza o a rifarsi il letto. Centrale diventa il confronto con gli altri e il gruppo dei pari si offre come ambito privilegiato in cui stabilire nuovi legami affettivi significativi oltre che sperimentare le proprie capacità sul piano delle abilità fisiche e cognitive.
In questa fase della vita, inoltre, i bambini e le bambine amano giocare e trascorrere molta parte della loro giornata impegnati in questa attività, che non è solo un intrattenimento. Nel gioco, infatti, i bambini esprimono le proprie fantasie e rappresentano i conflitti evolutivi e le difese psichiche ad essi correlati.
Tutti i tipi di gioco si offrono al bambino come un vero e proprio “appoggio” per sviluppare i processi di crescita e questo vale tanto per i giochi di tipo “tradizionale” (le macchinine, le costruzioni, i giochi da tavola…) quanto per quelli virtuali, come i videogiochi.
Questi ultimi devono la loro capacità attrattiva proprio al fatto di sollecitare alcune delle caratteristiche psichiche di bambini e bambine di questa fascia di età: l’eccitazione sperimentata attraverso le sfide e gli scontri, il piacere di collezionare, il gusto di pianificare una strategia ma anche, non da ultimo, la possibilità di incontrarsi (on-line) con gli amici.
Tuttavia, quando bambini e bambine giocano assiduamente ed esclusivamente ai videogiochi, gli adulti si spaventano molto, forse più di quanto farebbero se i figli passassero quel tempo impegnati in un gioco tradizionale. Tale preoccupazione è comprensibile, sebbene sia importante ricordare che per la diagnosi di “gioco patologico” si deve considerare il tempo totale di esposizione di bambini e bambine agli schermi nella giornata e soprattutto se il videogioco si costituisca come un pensiero pervasivo e rigido.
Pensiamo sia importante cominciare a considerare il mondo virtuale come uno dei tanti luoghi in cui bambine e bambini possono fare esperienza del mondo esterno alla famiglia e, proprio per questo, diviene essenziale che il genitore sia pronto ad accompagnarli in questa scoperta.
Avvicinarsi di più al mondo virtuale dei figli può permettere ai genitori di conoscerne i limiti e i rischi ma anche le qualità e insegnare così ai bambini e alle bambine come muoversi sulla rete senza rimanervi intrappolati.
Interessarsi al tipo di videogioco prediletto dal proprio figlio, giocare una partita insieme a lui, chiedergli quali siano le sue preferenze e abilità nel gioco, magari in confronto con gli altri compagni, sono modi attraverso cui sostenere il bambino a “raccontarsi” e a mostrare le emozioni che vive durante il gioco stesso.
Questa condivisione affettiva offre l’opportunità di fare un buon uso del videogioco e scoprire che parlare e confrontarsi con un adulto attento a quanto lui dice, può dare altrettanto piacere che giocare “in solitaria”.
Stiamo quindi parlando della possibilità di sviluppare una vera e propria “educazione al digitale” attraverso cui i genitori possano inserire gradualmente il virtuale nella vita dei proprie figlie e dei propri figli, al pari dei nuovi cibi al tempo dello svezzamento.

Adolescenza.
L’adolescenza è un’età di grandi cambiamenti, da diversi punti di vista: le ragazze così come i ragazzi si confrontano con un corpo che si modifica rapidamente; si assiste a un mutamento nei rapporti familiari e a un importante investimento nel gruppo dei pari; a livello pulsionale-ormonale nascono nuove curiosità e interessi e c’è una maggiore predisposizione verso le sperimentazioni amorose, ma anche uno scarso controllo dell’impulsività. Allo stesso tempo l’adolescente inizia a esprimere una maggiore capacità di riflettere su di sé e parlare dei propri stati d’animo.
In questa fase è quindi in atto una riorganizzazione della propria identità: Chi sono? Cosa penso? Come mi considerano gli altri? Queste sono alcune delle domande, spesso inconsapevoli, che ragazze e ragazzi si pongono e che provocano in loro sentimenti di incertezza e smarrimento. Si tratta di sensazioni che dominano questo momento evolutivo e che spesso gli adolescenti tentano di fronteggiare da soli, senza richiedere aiuto ai genitori perché, altrimenti, si sentirebbero incapaci e inadeguati. Per affrontare tali sentimenti di dipendenza ragazzi e ragazze molto spesso assumono, di contro, atteggiamenti che tendono all’onnipotenza e all’autosufficienza.
Come si inserisce in tale quadro il mondo virtuale? Quale ruolo possono assumere i social network? Gli adolescenti possono utilizzare la realtà virtuale con diverse finalità: per alcuni può rappresentare un mezzo per condividere desideri e angosce, per altri, che “postano” foto di parti del proprio corpo o immagini e video in cui ballano e si esibiscono, è un tentativo per conoscersi e sperimentarsi attraverso la reazione dei followers.
Ragazze e ragazzi tendono a condividere gran parte della loro quotidianità sui social in modo continuativo: le emozioni vengono “scattate e pubblicate” sui loro profili quasi prima di essere state vissute, alla ricerca di un commento o di un “like” da parte di altri, siano essi amici o sconosciuti.
Altre adolescenti creano delle “community” al cui interno possono condividere interessi specifici e confrontarsi sul delicato momento della vita che stanno attraversando.
Diventare grandi comporta infatti un lavoro di integrazione tra il vecchio e il nuovo, tra le parti di sé già adulte e quelle ancora bambine. L’adolescenza è quel momento evolutivo in cui è necessario elaborare il “lutto” delle proprie caratteristiche infantili e per questo motivo spesso si riscontrano anche sentimenti depressivi, di mancanza o di vergogna. Possiamo in questo senso leggere il comportamento di una ragazza che posta la foto del suo pupazzo preferito da bambina come un modo per scoprire, attraverso la reazione dei followers, se questo suo lato tenero e infantile può essere accolto o meno.
Infine, attraverso il virtuale i ragazzi possono vivere aspetti eccitatori e sperimentare i propri limiti.
Oltre a queste che possiamo definire “funzioni evolutive” del virtuale esistono anche dei rischi: tra i primi l’iperconnessione. Molte piattaforme infatti sono programmate per promuoverne un utilizzo continuativo: tale meccanismo fa ancor più leva in adolescenza, proprio perché è presente uno scarso controllo degli impulsi, come sopra accennato.
Per la tendenza, tipica dell’età, ad assumere atteggiamenti onnipotenti, un altro fattore di rischio è legato alla possibilità che non si valutino a fondo la pericolosità di alcune situazioni in cui ci si può trovare coinvolti nella rete.
In questo senso lo schermo può esporre a condizioni di estrema gravità: osserviamo infatti che l’utilizzo del virtuale assume una connotazione maggiormente pericolosa nelle situazioni in cui vi sia una fragilità psichica specifica. Possiamo anche pensare che l’adolescente tenti di esprimere la propria sofferenza proprio attraverso questi canali: ad esempio con un eccessivo ritiro nel virtuale ragazze e ragazzi possono manifestare le propria difficoltà ad affrontare i compiti evolutivi a cui sono convocati.
Le criticità sembrano riguardare tanto i ragazzi e le ragazze quanto i genitori, che si ritrovano alle prese con figli che, chiusi nelle proprie stanze, possono cercare nel mondo virtuale risposte ai loro interrogativi esistenziali.
Cosa possono fare allora gli adulti?
Come detto per le precedenti fasce di età, è sicuramente centrale conoscere e informarsi sul virtuale per poter indirizzare i propri figli e le proprie figlie, così da essere presenti ma non invadenti, evitando cioè di infantilizzarli e allo stesso tempo non proporsi come loro coetanei.
Gli adolescenti sono infatti alla ricerca di luoghi che possano sentire propri ed esclusivi. Ne è un esempio Facebook: non appena divenuto in voga tra gli adulti, è stato abbandonato da moltissimi ragazzi e ragazze, migrati su altri social.

Concludendo, riteniamo che i cambiamenti culturali e sociali in atto, così come il momento storico che le famiglie stanno attraversando, inevitabilmente coinvolgono genitori, professionisti della salute ed educatori in una complessa riflessione circa l’uso che i più giovani fanno del virtuale e dei dispositivi digitali.
Ci sembra importante sottolineare quanto questa sia una realtà in divenire, da osservare e monitorare, affinché gli strumenti tecnologici possano costituirsi come una risorsa nello sviluppo psicoaffettivo di bambini, bambine e adolescenti e non un ostacolo a una buona crescita.

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