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SORELLANZA

di Simona Giannangeli
Presidente Centro Antiviolenza per le Donne
Avvocata Servizio Legale AIED L’Aquila

"Infinito" di Sara Chiaranzelli
“Infinito” di Sara Chiaranzelli

Mi occupo di violenza maschile contro le donne da venticinque anni.
Operare in un Centro Antiviolenza in qualità di operatrice di accoglienza, poi in qualità di avvocata mi ha permesso di rafforzare alcune speciali consapevolezze mutuate dal femminismo.
Speciali ed in perenne evoluzione dentro di me, queste consapevolezze convergono in un punto preciso, ovvero che, quando noi donne scegliamo di riunirci e di praticare sorellanza, siamo forza esplosiva e rivoluzionaria, in grado di incrinare l’assetto maschilista e sessista di ogni società.
Il mio impegno costante nel contrastare la violenza maschile mi ha permesso di scoprire la forza che si sprigiona dalla relazione tra le donne, quando mettono in comunicazione i propri vissuti, le proprie esperienze, quando si raccontano senza timore di giudizi, quando si svelano senza paura di mostrare le proprie ferite.
Parlare di violenza maschile contro di noi per me vuol dire sempre di più parlare della forza della relazione tra donne, vuol dire non sprecare troppe parole per analizzare gli uomini violenti.
Gli uomini violenti sono violenti.
Sono “normali”, non sono mostri, non sono bestie, continuano ad essere accolti nel consesso sociale anche dopo essere stati smascherati da mogli, conviventi, dalle fidanzate o ex, che ne hanno denunciato violenze ed abusi.
Non vengono assolutamente espulsi dai contesti nei quali vivono, gli amici continuano ad essere loro amici, il più delle volte sono considerati “comunque” brave persone, buoni padri anche perché, in fondo, che avranno fatto di così terribile?
E’ cosa rarissima che gli uomini tradiscano il patto originario di solidarietà silenziosa che li lega e, quindi, perché mettere all’angolo l’amico, il fratello, il socio che sia stato violento con una donna?
Ci sarà sempre il tempo e lo spazio di una birra, di una partita di calcetto, di una vacanza da organizzare, di un’amicizia che prosegue, di una sostanziale e colpevole indifferenza.
Sono convinta che la violenza maschile sia un problema degli uomini violenti, ma anche di quelli non violenti e, proprio in relazione a questi ultimi, credo che sia doveroso che prendano la parola pubblicamente per denunciare la violenza agita dai loro simili.
Gli uomini che non esercitano violenza sulle donne dovrebbero “far sentire la loro voce” in ogni contesto, dovrebbero elaborare e diffondere un pensiero differente di maschilità, perché purtroppo limitarsi a ribadire di non essere violenti non costituisce un contributo efficace e concreto alla lotta contro la violenza maschile.
Ho compreso, invece, ormai tanti anni fa, che la relazione tra donne possiede un valore inestimabile e che questa dobbiamo alimentare continuamente per respingere insieme la violenza maschile.
Noi non siamo responsabili di essa, né dovremmo sobbarcarci l’ingrato compito di risolverla, cercando soluzioni, ma siamo noi ad affrontarla e contrastarla ogni giorno e credo che, al centro della nostra azione politica di contrasto, dobbiamo porre sempre con forza la risorsa più potente di cui disponiamo ovvero la relazione, la sorellanza quale riconoscimento di reciproca autorevolezza.
Forti della relazione, noi donne siamo in grado di denunciare a tutti i livelli la violenza degli uomini, a far abbassare a loro lo sguardo, consapevoli di non essere noi a doverci vergognare.
La relazione tra noi donne è un potente ingrediente che incanala la rabbia che proviamo, senza reprimerla, perché abbiamo tutto il diritto ad essere arrabbiate.
La relazione tra noi donne fa paura, perché se moltiplicata ovunque è in grado di rompere l’assetto del potere maschile.
Io dico di non avere più alcuna resistenza ad essere davvero unite, a non farci la guerra, a non giudicarci le une con le altre.
Sono certa che abbiamo noi tra le mani la risorsa più potente e temibile, ovvero la forza che si sprigiona tra donne unite, le quali entrano, per esempio, tutte insieme in un’aula di giustizia a rivendicare che quello che accade ad una di noi ci riguarda tutte.
Essere femminista per me significa prendere la parola e stare al mondo a partire da me, dalla mia identità di genere, dal mio corpo sessuato, significa esercitare potere su di me per dire il mondo che voglio abitare.
Nel rivendicare il diritto a vivere libere dalla violenza maschile, consapevole che occorreranno secoli prima che gli uomini cessino di essere violenti, so che devo agire la relazione, voglio abitare un mondo dove siano gli uomini a vergognarsi profondamente di se stessi e non noi donne.
Credo fermamente che denunciare una violenza psicologica, fisica, sessuale agita da un uomo sia per noi un atto di forza e di coraggio, è riaffermare il nostro diritto assoluto all’integrità fisica e psicologica, è riappropriazione di gesti di autorità per noi e fra di noi.
Denunciare la violenza agita da un uomo non è cosa facile su questo pianeta, densamente costellato di reti di complicità, di sistemi di connivenza, ovunque animato da silenzi colpevoli e da giudizi morali assestati sulle donne quale quota parte della stessa violenza maschile.
E’ preferibile voltarsi dall’altra parte, non avere occhi per vedere, è meglio negare la vastità della violenza maschile contro di noi, per non doversi interrogare e poter scegliere di non schierarsi con “le altre”.
Credo fermamente che la violenza maschile contro di noi interroghi ognuna di noi e che quando una di noi denuncia la violenza agita da un uomo rifiuta di “vergognarsi”, si riprende spazio e parola e svela così la infinita miseria degli uomini e la potente dignità delle donne.
Una donna che denuncia la violenza esercitata da un uomo si mostra per giudicare, non per essere giudicata, si mostra per chiamare le altre accanto a sé, nella comune rivendicazione di giustizia.
Il gesto di denunciare rivela forza e grandezza di una donna, ma è un gesto che ha bisogno del simultaneo gesto di tante altre donne che si pongano a fianco di quella donna sorella.
Troppo spesso siamo sole.
Credo che nella relazione salda tra noi ci sia la risorsa per lottare contro la violenza maschile, la lotta che ci vede non vittime, non deboli, non ripiegate su noi stesse, ma pienamente consapevoli che gli uomini non hanno diritti su di noi e sulle nostre esistenze.
E, quando un uomo esercita violenza su una di noi, abbiamo il dovere profondo che nasce dalla sorellanza e dal rispetto che dobbiamo a noi stesse, di prendere la parola pubblicamente e di esprimere condanna assoluta della violenza che ha colpito una di noi.
E’ un’esperienza umana e politica straordinaria per me assistere a ciò che accade, alla forza immensa che sprigioniamo, quando ci uniamo e ci riconosciamo.
Mi capita quando entro in un’aula di un palazzo di giustizia, portando appunto una domanda di “giustizia”, mi capita con le mie amiche sorelle quando esercitiamo le parole con il nostro alfabeto e colmiamo distanze ed interrompiamo silenzi.
La potenza dei Centri Antiviolenza sta dentro la potenza della relazione tra donne che accolgono e donne che narrano di sé e che, mentre narrano di sé, interrogano quelle che le ascoltano, in una circolarità attraversata dalla comune esperienza di abitare un corpo femminile e di essere nel mondo a partire da quel corpo.
E, nel dipanarsi della relazione tra donne, ogni volta sento che può rompersi l’isolamento e può spezzarsi la solitudine, causate nelle nostre vite dalla violenza degli uomini.
Comprendo ogni volta più in profondità che, se e quando riconosco l’altra, mi avvicino, come Grazia Livi con i suoi scritti mi ha insegnato, “a quel centro di autorità per regnare dentro e fuori di me”.

Contatti utili:
Centro Antiviolenza per le Donne
Via Angelo Colagrande 2A/B L’Aquila
Tel. 340 0905655
centroantiviolenza.laquila@gmail.com

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