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LE BUONE RISORSE

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di Valentina Nanni
Psicologa Psicoterapeuta
specializzata nell’adolescenza e nella giovane età adulta,
Candidata della Società Psicoanalitica Italiana
Servizio di Psicologia AIED L’Aquila

 

 

“Piccola nube che sarai goccia
Piccolo mare che sarai roccia
Piccola sabbia che sarai spiaggia
Nulla sta fermo, la vita viaggia
Piccola voce che sarai canto
Piccolo sale che sarai pianto
Piccola goccia che sarai mare
La vita è fatta per trasformare.”
(S. Giarratana, S. M. L. Possentini, 2015)

L’idea di un periodo di isolamento apre la porta al concetto di resilienza. È possibile nelle situazioni complesse tirare fuori risorse preziose?

Sgattaiolo fuori dalla stanza.

È ancora presto. Al mattino la vita ha un altro sapore. Un altro movimento.

Guardo fuori: è tutto bianco. Nella mente risuonano le parole di un seminario ascoltato alcuni giorni fa “È arrivata la neve!”.

La neve ha sempre il potere di infondere speranza e trasmettere calore.

La neve calda. La professoressa di lettere direbbe che si tratta di una sinestesia. Eppure i virologi affermerebbero che non è cosa buona e giusta: la primavera sarebbe auspicabile. Le sue temperature miti si dice che si opporrebbero a questo strano virus, che da lontano sconosciuto si è trasformato in una delle parole più comunemente utilizzate. Impropriamente utilizzate.

Sembra che… Si dice che… Tante voci. Confusione.

Il pianto di un bimbo richiama la sua mamma. Lui è ignaro del Covid-19, anche detto Coronavirus (è un nome persino carino!), così come lo è della guerra, degli immigrati che cercano disperatamente di trovare riparo altrove, dell’inquinamento globale (di cui peraltro si è magicamente smesso di parlare).

Lui vuole la sua mamma. E il suo papà. Certo. Si parla quasi sempre delle mamme, dimenticando quanto siano preziosi i papà.

Il suo mondo per adesso è fatto di quegli abbracci caldi, di quegli sguardi pieni di parole, di quei momenti pieni di amore, fatiche, gioie, pianti che finalmente, grazie all’isolamento, ricoprono tutto l’arco delle sue giornate.

La vita è fatta per trasformare”, perché anche se lì fuori c’è un’aspra battaglia da combattere i bambini continuano a nascere, i dentini a spuntare, le orchidee a fiorire, le neve a scendere anche se è già primavera. Ricopre ogni cosa, poi si scioglie, permettendo ai passeretti di beccare le briciole che un signore gentile ha sparso per loro. Affinché possano continuare a nutrirsi.

In psicologia c’è un concetto che mi ha sempre affascinata. La resilienza.

Cosa consente alla vita di trasformare, nonostante tutto, nonostante i virus, i terremoti, gli abusi, le violenze, la trascuratezza?

Il darsi reciproco nella relazione, sia essa di natura affettiva o professionale, protegge. Non rende invincibili, né immuni, ma permette di costruire giorno per giorno la preziosa capacità di riflettere su ciò che accade, di prestare ascolto alle proprie emozioni, anche quelle difficili.

Si comincia presto. Esiste un’interazione molto precoce già in utero. Il minuscolo esserino interagisce già con la sua mamma, con il suo papà e con tutto l’ambiente attorno a sé.

Come esseri umani siamo dotati di sistemi altamente specializzati di espressione, che funzionano non soltanto attraverso un comunicare fatto di parole, ma anche attraverso il sistema ormonale (tra la madre ed il feto c’è un continuo scambio di sostanze chimiche), il gioco di sguardi, la prosodia del linguaggio. Probabilmente capiremo in futuro gli effetti che certi timori di contagio da coronavirus avranno su un popolo come il nostro così abituato a comunicare tramite i gesti.

Così come l’esposizione a traumi ripetuti in assenza di punti di riferimento disponibili a dare un significato a ciò che sta accadendo (favorendo quella che viene definita la mentalizzazione o capacità riflessiva) ha effetti nocivi sullo sviluppo del cervello, sul sistema immunitario e sulla formazione della personalità, allo stesso modo la relazione protegge.

Per i professionisti del settore ci si potrebbe addentrare nel funzionamento del sistema della dopamina, nelle capacità di elaborazione del cervello destro, oppure nei concetti di empatia, riconoscimento.

È nella giocosità, nella condivisione, nel reciproco dare e avere delle relazioni che prende corpo la resilienza, quella “capacità di rimanere positivi di fronte alle avversità, che non è lo stesso di non avere dolore o di negarlo (Music, 2011)”.

Qualcosa che si costruisce nel tempo. Mattone dopo mattone. Non senza fatiche.

La relazione ne rappresenta la colonna portante. Il teatro dell’esperienza, nel quale non si è esenti dalle difficoltà, ma in cui si aprono opportunità di far nascere il nuovo.

Che questo periodo di quarantena si riveli un’occasione?

 

Bibliografia

  • Giarratana, S., Possentini, S. M. L., (2015), I canti dell’attesa, Torino: Il leone verde edizioni

  • Music, G., (2011), Resilienza e buoni sentimenti, in Nature culturali, Roma: Borla

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